2024-03-01: Tempo

Il tempo e’ la cosa che ci permette di affrontare senza danni la volatilità dei prezzi e di far lavorare a nostro favore la magia dell’interesse composto. Il tempo rende l’attività di investire quello che veramente e’, che la distingue da altre attività di mercato. Investire non significa fare soldi (non possiamo controllare i rendimenti) ma significa essere bravi nel controllare il nostro budget personale (possiamo, in parte, controllare come spendiamo i nostri soldi e quindi quanto tempo abbiamo a disposizione per far lavorare il capitale che investiamo). Più tempo si ha a disposizione per mantenere il proprio denaro investito e più possiamo ignorare la volatilità dei prezzi, e questo a sua volta significa che si dovrebbe avere una maggiore esposizione azionaria nel proprio portafoglio (secondo quanto ci mostrano le serie storiche dei rendimenti a lungo termine). Una cosa risaputa.
     Veramente? Di quanto tempo abbiamo bisogno per essere certi che le azioni siano l’attività giusta da comprare? Dipende. Un recente studio accademico (solo in inglese) mette in dubbio questo vecchio postulato, e lo fa principalmente allungando il periodo di tempo su cui viene effettuata l’analisi (i dati dello studio partono dalla fine del XVIII secolo anziché dalla fine del XIX; cento anni di dati in più). Sembra che se si effettua l’analisi su questo set di dati più ampio, la conclusione non sia “stabile”: nel corso del tempo, i prezzi delle attività sono passati attraverso varie fasi di rendimento.
     L’estensione e la contrazione dell’arco temporale su cui vengono effettuate le analisi finanziarie è un fenomeno che accade spesso, sia a causa di nuove scoperte (più dati disponibili) sia a causa di manipolazioni analitiche (buone o cattive che siano). Ciò vale non solo per gli studi strutturali o a lungo termine come quello riportato nel link, ma anche per il calcolo e l’utilizzo delle statistiche di performance. Indipendentemente da quanto si vada indietro nel tempo, la verità è che semplicemente non abbiamo abbastanza anni di dati per fare affermazioni definitive e accurate. Charles Ellis, uno stimato consulente americano e autore di numerosi articoli accademici, anni fa giunse implicitamente alla stessa conclusione osservando che per essere certi (al livello del 95% di ‘intervallo di confidenza’, lo standard statistico) che un gestore sia bravo oppure semplicemente fortunato occorrono 83 anni di rendimenti trimestrali. In altre parole, nemmeno Charlie Munger o Warren Buffett sono realisticamente in grado passare questo test.
     Leggete l’articolo. È molto stimolante.

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Se siete come me, stanchi e sospettosi della concentrazione di notizie, allora avrete notato la predominanza dell’intelligenza artificiale nei comunicati di questa settimana: Musk (e chi se no?) che fa causa a ChatGPT/Microsoft, Apple che si ritira dal progetto di auto a guida autonoma (senza l’intervento di Musk), Microsoft (di nuovo) che acquista Mistral, Alphabet che fa un pasticcio sulla diversità con Google Gemini, il Dipartimento di Giustizia degli Stati Uniti che assume per la prima volta un funzionario capo per l’intelligenza artificiale e Nvidia che si limita semplicemente a progredire in termini di prezzo dopo gli ottimi risultati finanziari della settimana precedente.
     A parte questo, i mercati hanno continuato a comportarsi bene in un contesto di volatilità in calo.

[Fonte della copertina: Edward F. McQuarrie, “Stocks for the Long Run? Sometimes Yes,
Sometimes No,” Financial Analyst Journal Vol 80, No. 1, 2023].

 
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